Il 18 Settembre 2020 è stata depositata la attesissima sentenza delle Sezioni Unite, chiamata a pronunciarsi sulla questione relativa all’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori ed alle conseguenze dell’avvenuto superamento del tasso soglia.

Premesso che nell’individuazione dei tassi soglia debba farsi riferimento ai Decreti Ministeriali cui è dalla legge (art. 644 cpc e L. n. 108/1996) demandata l’individuazione dei tassi soglia, le Sezioni Unite affermano che, qualora il D.M. di riferimento contenga anche l’indicazione del tasso di mora medio applicato dagli operatori, sebbene indicato separatamente dal T.E.G.M., in aderenza al principio di simmetria già espresso nella precedente sentenza n. 16303 del 2018 con riferimento alle CMS, di questo tasso medio di mora debba pure tenersi conto nell’individuazione della soglia limite per gli interessi moratori.

Se, al contrario, il D.M. di riferimento non rechi neppure l’indicazione della maggiorazione media dei moratori, le Sezioni Unite affermano che ai fini dell’individuazione del tasso soglia resta il termine di confronto del T.e.g.m. così come rilevato: “in ragione della esigenza primaria di tutela del finanziato, sia giocoforza comparare il T.E.G. del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori in concreto applicati, con il T.E.G.M così come in questi rilevato; onde poi sarà il previsto margine di tolleranza, sino alla soglia usuraria, che dovrà offrire uno spazio di operatività all’interesse moratorio lecitamente applicato”.

Le Sezioni Unite sostengono poi che, in caso di accertamento di avvenuto superamento della soglia antiusura da parte del tasso di mora, si applichi l’art. 1815, comma 2, cod. civ..

Reputano, quindi, che ove l’interesse corrispettivo sia lecito, e solo il calcolo degli interessi moratori applicati comporti il superamento della predetta soglia usuraria, ne deriva che solo questi ultimi sono illeciti e preclusi, fermo restando il dettato dell’art. 1224, comma 1, cod. civ., che comporta l’applicazione degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente pattuiti.

Il Collegio trae la sua convinzione dalla considerazione secondo cui, caduta la clausola degli interessi moratori, resta un danno per il creditore insoddisfatto, donde l’applicazione della regola comune, secondo cui il danno da inadempimento di obbligazione pecuniaria viene automaticamente ristorato con la stessa misura degli interessi corrispettivi, già dovuti per il tempo dell’adempimento in relazione alla concessione ad altri della disponibilità del denaro.

Ciò, in quanto la nullità della clausola sugli interessi moratori non porta con sé anche quella degli interessi corrispettivi: pertanto, anche i moratori saranno dovuti in minor misura, in applicazione dell’art. 1224 cod. civ., sempre che – peraltro – quelli siano lecitamente convenuti.

Quanto agli effetti concreti, tenuto conto che il contratto di mutuo, nel cui genus va ricondotto ogni finanziamento, è un contratto di durata, agli effetti dell’art. 1458 cod. civ., in considerazione del carattere non istantaneo, ma prolungato della durata del prestito, e dell’utilità per il mutuatario consistente nel godimento del danaro, caduta la clausola sugli interessi moratori, le rate scadute al momento della caducazione del prestito restano dovute nella loro integralità, comprensive degli interessi corrispettivi in esse già conglobati, oltre agli interessi moratori sull’intero nella misura dei corrispettivi pattuiti; tale effetto, peraltro, richiede che il tasso degli interessi corrispettivi sia lecito.

Per quanto attiene le rate a scadere, sorge l’obbligo d’immediata restituzione dell’intero capitale ricevuto, sul quale saranno dovuti gli interessi corrispettivi, ma attualizzati al momento della risoluzione: infatti, fino al momento in cui il contratto ha avuto effetto, il debitore ha beneficiato della rateizzazione, della quale deve sostenere il costo, pur ricalcolato attualizzandolo, rispetto all’originario piano di ammortamento non più eseguito; da tale momento e sino al pagamento, vale l’art. 1224, comma 1, c.c.

Le Sezioni Unite affermano, poi, che nel caso in cui il contratto preveda un tasso di mora sopra soglia, ma la banca applichi, a tale titolo, al momento dell’inadempimento, un tasso di misura inferiore, il mutuatario vanta comunque l’interesse ad agire per far accertare la nullità ed inefficacia della clausola, “in quanto ciò risponde ad un bisogno di certezza del diritto che le convenzioni negoziali siano accertate come valide ed efficaci, oppur no, e l’interesse ad agire in un’azione di mero accertamento non implica necessariamente l’attualità della lesione di un diritto, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva”.

Con la precisazione che, in tale evenienza, la sentenza sarà di mero accertamento dell’usurarietà del tasso, ma in astratto, senza relazione con lo specifico diritto vantato dalla banca, posto che ancora non sarà attuale l’inadempimento, ed il finanziatore ancora non avrà preteso alcunché a tale titolo.

Di conseguenza, tale sentenza non avrà ancora l’effetto concreto di rendere dovuto solo un interesse moratorio pari al tasso degli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti (ex art. 1224 cod. civ.); detto effetto si potrà verificare solo alla condizione – presupposta dalla sentenza di accertamento mero pre-inadempimento – che quello previsto in contratto sia stato, in seguito, il tasso effettivamente applicato, o comunque che, al momento della mora effettiva, il tasso applicato sulla base della clausola degli interessi moratori sia sopra soglia. Ove il tasso applicato in concreto sia, invece, sotto la soglia, esso sarà dovuto, senza che possa farsi valere la sentenza di mero accertamento.

Da ultimo, le Sezioni Unite enunciano quali sono gli oneri probatori a carico delle parti nelle controversie sulla debenza e misura degli interessi moratori, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ.

Il debitore, il quale intenda provare l’entità usuraria degli stessi, ha l’onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento.

Dall’altro lato, la banca dovrà allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto: fra di essi, la pattuizione negoziata della clausola con il soggetto sebbene avente la veste di consumatore e la diversa misura degli interessi applicati.

Si allega la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19597 del 18 Settembre 2020