Il Consiglio di Stato ammonisce il Comune per avere annullato il titolo edilizio…in assenza dei presupposti (sentenza Consiglio di Stato 7 ottobre 2020, n. 5929).

Il Consiglio di Stato ha ribadito, in una sua recente pronuncia (Sezione Sesta, sentenza 7 ottobre 2020, n. 5929), che la Pubblica Amministrazione può annullare d’ufficio un provvedimento amministrativo solo nel caso in cui sussistano i seguenti presupposti:

  1. il provvedimento deve essere illegittimo;
  2. deve sussistere un interesse pubblico concreto ed attuale che “giustifichi” l’annullamento;
  3. l’annullamento deve intervenire al massimo entro 18 mesi;
  4. la P.A. deve dare atto di avere effettuato una valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.

Di conseguenza, laddove la P.A. decida di annullare un provvedimento amministrativo, deve “premunirsi” di una motivazione “inattaccabile” che dia la prova della sussistenza di queste quattro condizioni indefettibili; in assenza di tale motivazione la P.A. non può esercitare (legittimamente) il cd. annullamento in autotutela (cfr. art. 21 nonies, L. n. 241/1990).

E nel caso in cui l’Amministrazione annulli un provvedimento (si pensi ad un provvedimento autorizzatorio) senza che effettivamente ricorra uno dei presupposti delineati? Cosa accade se la P.A. annulla un provvedimento che non presenta profili di illegittimità o nel caso in cui non sussista un interesse pubblico concreto ed attuale che legittimi l’esercizio dello ius poenitendi?

In tali casi è possibile rivolgersi al Giudice Amministrativo: tale Giudice avrà il compito di accertare che l’annullamento d’ufficio adottato dall’Amministrazione – e, che, di conseguenza, ha inciso negativamente nella sfera del privato – sia illegittimo.

Tale pronuncia favorevole è stata ottenuta da un privato che si era visto annullare d’ufficio, dal Comune, la Dichiarazione di Inizio Attività avente ad oggetto la demolizione e ricostruzione di un fabbricato.

I motivi posti alla base dell’annullamento da parte dell’Ente consistevano in: i. profili di illegittimità della D.I.A.; ii. sussistevano prevalenti ragioni di interesse pubblico e, in particolare, la necessità di garantire la realizzazione della infrastruttura stradale prevista dalla vigente programmazione urbanistica.

A fronte di tali motivazioni, il privato ha impugnato la decisione dell’Ente e, quindi, nel corso del giudizio ha provato che: i. dal punto di vista tecnico, la D.I.A. non presentava alcun profilo di illegittimità; ii. il Comune non poteva assolutamente invocare alcun interesse pubblico attuale e concreto a sostegno della propria decisione, essendo il vincolo di destinazione a sede stradale (impresso dalla variante speciale al Piano Particolareggiato) ampiamente decaduto per decorrenza del termine quinquennale.

Per concludere: con la sentenza n. 5929/2020 il Consiglio di Stato ha “salvato” il titolo edilizio del privato – privato che, proprio in virtù di tale D.I.A., aveva avviato l’edificazione dell’opera – ed ha ribadito che per annullare un provvedimento in autotutela il nostro ordinamento richiede alla P.A. una valutazione ben più incisiva, che deve dare conto dell’effettiva e concreta intenzione di soddisfare un interesse pubblico.

Al contrario, nel caso di specie, il Comune non aveva affatto assolto a tale onere motivazionale; d’altronde, al momento dell’annullamento del titolo edilizio, la strada non era ancora realizzata, né alcun progetto attuativo era stato approvato o era in discussione.