Con la sentenza n. 20866 del 22-30/09/2020 le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto formatosi nella giurisprudenza di legittimità sulle modalità con cui debba essere eseguita la notificazione della sentenza affinchè possa utilmente decorrere il termine breve per la sua impugnazione, affermando il seguente principio di diritto:
“ A garanzia del diritto di difesa della parte destinataria della notifica in ragione della competenza tecnica del destinatario nella valutazione dell’opportunità della condotta processuale più conveniente da porre in essere ed in relazione agli effetti decadenziali derivanti dall’inosservanza del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza finalizzata alla decorrenza di quest’ultimo, ove la legge non ne fissi la decorrenza diversamente o solo dalla comunicazione a cura della cancelleria, deve essere in modo univoco rivolta a tale fine acceleratorio e percepibile come tale dal destinatario, sicché essa va eseguita nei confronti del procuratore della parte o della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata; di conseguenza, la notifica alla parte, senza espressa menzione – nella relata di notificazione – del suo procuratore quale destinatario anche solo presso il quale quella è eseguita, non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, neppure se eseguita in luogo che sia al contempo sede di una pubblica amministrazione, sede della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio, non potendo surrogarsi l’omessa indicazione della direzione della notifica al difensore con la circostanza che il suo nominativo risulti dall’epigrafe della sentenza notificata, per il carattere neutro o non significativo di tale sola circostanza”.
La vicenda processuale da cui muove tale statuizione origina dalla domanda risarcitoria promossa nei confronti dell’Azienda ASL di Latina da un allevatore, vistosi ordinare (illegittimamente, a suo avviso) l’abbattimento di alcuni capi di bestiame di sua proprietà.
Costituitasi per il tramite di un avvocato appartenente al servizio di avvocatura operante all’interno dello stesso Ente ed eletto domicilio presso la propria sede (coincidente con il domicilio eletto dal difensore), la ASL convenuta risultava soccombente nel detto giudizio, definito con sentenza n. 1876 resa il 7.08.2014 dal Tribunale Civile di Latina.
Avverso il tale provvedimento decisorio, notificato il 19.09.2014 alla ASL presso la sua sede (coincidente con la sede della propria avvocatura interna e con il domicilio eletto in giudizio) ma senza l’indicazione del difensore dal quale l’Ente era stato assistito in primo grado, l’azienda sanitaria spiegava, dunque, appello con atto notificato il 19.05.2015, presupponendo applicabile il termine “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis).
Con sentenza n. 1104 resa nel febbraio 2018, la Corte di Appello di Roma dichiarava inammissibile il detto gravame in quanto tardivo.
Ritenuto, infatti, che la notificazione della sentenza di primo grado fosse stata eseguita con modalità idonee a far decorrere il termine “breve” di cui all’art. 325 c.p.c., il Giudice di secondo grado concludeva per la mancata osservanza del detto termine da parte della ASL.
La quale ASL si rivolgeva, pertanto, alla Suprema Corte per vedere cassata la statuizione di inammissibilità del gravame proposto.
Investita della cognizione del ricorso la Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, con Ordinanza interlocutoria n. 31868 del 5.12.2019 rimetteva gli atti al Primo Presidente affinché questi valutasse l’opportunità di un intervento regolatore delle Sezioni Unite sul contrasto giurisprudenziale esistente in merito alla duplice questione, volta a chiarire:
- se sia idonea a far decorrere il termine di cui all’art. 325 c.p.c. la notifica della sentenza di primo grado effettuata ad una pubblica amministrazione nella sua sede, quando tale luogo sia, contemporaneamente, sede dell’ente, della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio;
- se, nell’ipotesi di cui sopra, l’omessa indicazione nell’atto notificato del difensore che ha assistito l’amministrazione sia surrogata dalla circostanza che il nominativo del difensore risulti dall’epigrafe della sentenza notificata.
Un primo e prevalente orientamento al riguardo (enunciato, ex multis, da Cass. Sez. VI Lav., Ordinanza n. 14054/2016, Cass. Sez. VI Lav. Sent. 16590/2017) riteneva, invero, che non valesse a provocare gli effetti di cui all’ar. 325 c.p.c. la notifica eseguita nei confronti di un Ente presso la sua sede (che sia anche domicilio eletto dal procuratore ad litem, appartenente al servizio di avvocatura interna), in assenza di qualsivoglia richiamo, nella notifica, al procuratore domiciliatario; ciò in quanto la sola identità di domiciliazione non garantirebbe che la sentenza giunga a conoscenza della Parte tramite il suo rappresentante processuale, unica figura professionalmente qualificata per valutare l’opportunità dell’impugnazione.
Altro orientamento (propugnato, ex multis, da Cass. Civ, Sez. III, sent. n.18640/2011; Cass. Ordinanza 19/04/2015, n. 14891) giungeva, invece, a risultati diametralmente opposti individuando nell’identità di domiciliazione la garanzia di un collegamento univoco tra la Parte, il suo procuratore costituito e il domicilio di quest’ultimo, tale da creare una “assoluta identità, logistica e funzionale, del domicilio (del rappresentante dell’ente) e del domicilio eletto presso il suo difensore e procuratore costituito”.
Rimessa la questione alla decisione delle Sezioni Unite, il Supremo Consesso della Corte ha fornito una soluzione unitaria, pronunciandosi in favore del primo dei due citati orientamenti, ritenuto maggiormente idoneo ad operare il necessario bilanciamento tra l’esigenza di tutela della certezza delle situazioni giuridiche (attraverso il rapido conseguimento della definitività della decisione giudiziale) ed il diritto di difesa.
Il Supremo Consesso ha, infatti, evidenziato come la ratio acceleratoria connessa alla possibilità di ridurre i termini per il passaggio in giudicato della sentenza (eseguendone la notificazione alla parte soccombente) sia giustificata solo se attuata nel pieno rispetto del principio di effettività della difesa.
Il quale principio appare adeguatamente tutelato attraverso il combinato disposto di cui agli artt. 285 e 170 c.p.c., che individua nel procuratore costituito l’unico soggetto idoneo a ricevere le notificazioni e le comunicazioni effettuate a seguito della costituzione in giudizio delle parti, poiché dotato della necessaria qualificazione e competenza tecnica atta a valutare l’opportunità di procedere o meno all’impugnazione dei provvedimenti.
Questa la conclusione raggiunta dalle Sezioni Unite, che hanno, quindi, accolto il ricorso promosso dalla ASL di Latina e cassato con rinvio l’impugnata sentenza, rimettendo la causa ad altra Corte di appello previa enunciazione del principio di diritto ut supra richiamato, al quale lo stesso giudice di rinvio dovrà uniformarsi.