L’inattività del lavoratore non determina il demansionamento

(Corte di Appello di Roma – Sez. Lav.- sent. n. 3308 del 28.09.21)

La Corte di Appello di Roma in una recentissima sentenza (che ha confermato la statuizione del Giudice di primo grado) ha condiviso in pieno la tesi difensiva   sostenuta dallo Studio Legale Consolo, riconoscendo la legittimità dell’operato del datore di lavoro (una primaria Società che opera nel settore delle ICT), rispetto alla dedotta dequalificazione di un dipendente inquadrato come funzionario.

Nel caso specifico, il lavoratore aveva dedotto la violazione dell’art. 2103 (vecchio testo), ipotizzando un grave demansionamento con periodi di totale inattività nel corso della giornata lavorativa. Dal presunto demansionamento era scaturita una pretesa risarcitoria pari ad € 230.000,00.

La difesa della Società, argomentando in maniera puntuale e specifica, aveva contrastato la pretesa avversaria, evidenziando, tra l’altro, come l’esistenza di “spazi vuoti” nell’ambito dell’attività lavorativa fosse assolutamente fisiologica.

Il citato principio è stato condiviso dai Giudici della Corte di Appello e rappresenta, sicuramente, un cambio di rotta rispetto al passato, in cui ogni profilo di dequalificazione, anche marginale, comportava il riconoscimento di risarcimenti dei danni anche di notevole entità.