L’uccisione di Shinzo Abe e il suo tributo del Giappone alle urne
L’8 luglio 2022 l’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe è deceduto sei ore dopo essere stato raggiunto da due colpi di arma da fuoco sparati dal ex militare Tetsuya Yamagami tramite una sorta di doppietta a canne corte assemblata artigianalmente che l’assalitore teneva nascosta in una borsa. L’attentato è avvenuto alle 11:30 (4:30 in Italia) nella città di Nara, nel Giappone centro-occidentale, dove l’ex primo ministro Abe era impegnato in un comizio a sostegno del candidato liberal democratico locale in vista delle elezioni senatoriali che si sarebbero tenute domenica 10 luglio e che sono state vinte con una “super maggioranza” dal partito di Abe anche per effetto del suo assassinio e, come spesso accade durante le manifestazioni politiche in Giappone, Abe era sguarnito di uomini della sicurezza nelle sue immediate vicinanze.
La morte di Shinzo Abe segna il primo omicidio di un ex leader G7 dai tempi del sequestro di Aldo Moro, il presidente del Consiglio sequestrato e ucciso dalle Brigate rosse nel 1978.
Il movente dell’omicidio non sembra ancora essere stato chiarito, si sospetta che l’ex militare Yamagami abbia compiuto l’odioso gesto credendo Abe vicino ad un’organizzazione di matrice religiosa che avrebbe mandato sul lastrico la madre. Anche non essendosi trattato di un omicidio a stampo politico, ciò che è accaduto ha avuto inevitabilmente delle conseguenze sul futuro politico del Giappone. Infatti si parla di “effetto Abe” che avrebbe spinto più giapponesi del solito a recarsi ai seggi per l’elezione dei membri della Camera Alta del Parlamento, anche se l’affluenza non sia stata particolarmente più alta del previsto (52% quasi il 3% in più rispetto alle ultime elezioni). Sicuramente quei giapponesi che si sono sentiti spronati all’andare a votare a seguito del tragico evento hanno voluto dare il proprio tributo al loro leader ucciso, data la vittoria stracciante del Partito liberal-democratico.
Il Partito di Abe era già dato per favorito ma questa “super maggioranza” (stiamo parlando dei due terzi della Camera alta del Parlamento) darà la possibilità al Partito di emendare la costituzione eliminando la “clausola pacifista”, inserita all’epoca dell’occupazione americana, che al momento impedisce al Giappone di avere un proprio esercito (al momento c’è un corpo di forze armate con il solo scopo difensivo). Emendamento fortemente voluto da Abe che durante il suo lungo periodo a capo del governo non era riuscito a far approvare.