Con la recente sentenza n. 15559 del 6/11/2020 la Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale Civile di Roma si è pronunciata in materia di trasferimento di diritti cinematografici con minimo garantito, al fine di dirimere una controversia avente ad oggetto la titolarità e lo sfruttamento in esclusiva dei diritti di sfruttamento di alcune note opere filmiche, affermando il principio secondo il quale: “Il contratto di distribuzione di un’opera cinematografica con minimo garantito, quanto meno recherebbe i caratteri del mandato in rem propriam ed anzi comporta una vera e propria cessione del film (o, più precisamente, dei proventi del film), in favore del distributore per il recupero della sua esposizione economico-finanziaria, con conseguente trasferimento della titolarità dello sfruttamento in capo al distributore stesso sino al momento del recupero del minimo garantito versato al produttore: per tali ragioni, il distributore con minimo garantito dovrebbe pertanto considerarsi titolare contrattualmente dei diritti di sfruttamento, in quanto tale legittimato in via esclusiva a trasferirli a terzi”.
I contratti per la distribuzione e lo sfruttamento di un’opera cinematografica con previsione di un c.d. minimo garantito per il produttore, si differenziano sensibilmente, sotto il profilo causale, dallo schema classico del mandato, essendo connotati dall’ accordo in base al quale il produttore conferisce al distributore l’incarico di sfruttare il film verso il corrispettivo di una somma di denaro (il c.d. minimo garantito) con cui quest’ultimo anticipa al produttore i futuri eventuali proventi, che vengono così ceduti dal medesimo produttore per consentire al distributore il recupero di quanto versato.
Per quanto concerne la natura del contratto di cessione di diritti cinematografici con minimo garantito, ritiene il Tribunale che si debba far riferimento alla fattispecie del contratto misto, nel quale prevalgono gli elementi della vendita sottoposta alla condizione sospensiva del mancato recupero da parte della cessionaria del “minimo garantito” già corrisposto all’atto della stipulazione del contratto per lo svolgimento dell’attività di distribuzione delle opere cinematografiche in nome proprio e per conto della cedente.
Nel caso di specie l’attrice aveva acquisito la titolarità dei diritti sulle opere filmiche oggetto di causa in forza di un contratto sottoscritto con una società la quale, a sua volta, li aveva acquistati dalla società produttrice dei film, la quale era stata poi dichiarata fallita.
Al fine di valutare gli effetti della sopravvenuta dichiarazione di fallimento del produttore
in relazione alla “catena” dei diritti oggetto di cessione, deve aversi riguardo al disposto dell’art. 72 legge fallimentare, nel testo all’epoca vigente, il quale disponeva che: “In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie. Se la cosa venduta non è passata in proprietà del compratore, il curatore ha la scelta fra l’esecuzione e lo scioglimento del contratto. In caso di scioglimento del contratto il compratore ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo senza che gli sia dovuto risarcimento del danno”.
In applicazione della richiamata disciplina, il Tribunale di Roma ha ritenuto che l’accordo in esame sia divenuto inefficace a seguito del fallimento della società produttrice e della stipulazione, da parte della curatela fallimentare di un contratto di mandato di distribuzione con un’altra società.
La titolarità dei diritti sulle opere cinematografiche oggetto di causa non era infatti ancora pervenuta alla cessionaria alla data del fallimento, essendo il perfezionamento della vicenda traslativa sottoposto alla condizione sospensiva sopra esposta, il cui avveramento prima del fallimento non sarebbe stato neppure possibile in astratto, dato che era previsto un termine iniziale dal quale la cessionaria avrebbe potuto iniziare a disporre di essi in favore di terzi in nome e per conto della cedente.
In tale contesto, il Curatore del fallimento, secondo le disposizioni invocate, avrebbe potuto scegliere se subentrare nel contratto stipulato oppure sciogliersi dal vincolo contrattuale.
Nel caso di specie, il fatto che la Curatela fallimentare avesse conferito a terzi un nuovo mandato per la distribuzione in via esclusiva dei film porta a desumere la volontà della stessa di sciogliersi
dal precedente vincolo negoziale.
Per tali motivi il Tribunale ha rigettato la domanda proposta dalla società che a sua volta aveva acquistato i diritti di sfruttamento delle opere in virtù della “catena” di atti provenienti dalla società fallita, ritenendo quindi validi gli atti di cessione provenienti dal successivo atto dispositivo posto in essere dalla Curatela fallimentare.