Il caso fortuito nel contratto di trasporto di persone
Nelle ipotesi di presunzione di responsabilità è sempre necessario che il danneggiato provi il nesso di causalità, dimostrando che il fatto costituisce un antecedente necessario dell’evento lesivo, nel senso che quest’ultimo rientra tra le conseguenze normali ed ordinarie del fatto.
Da parte sua il convenuto deve provare che tale antecedente sia stato neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l’evento. La causa efficiente sopravvenuta produce effetti liberatori qualora il fattore esterno abbia “i requisiti del caso fortuito”, cioè quelli dell’eccezionalità ed oggettiva imprevedibilità, e sia idoneo comunque a causare “da solo” l’evento, recidendo il nesso eziologico; la sua incidenza deve essere tale da escludere “in modo certo” il nesso causale tra l’attività e l’evento.
La rilevanza del fortuito attiene, quindi, al profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre all’elemento esterno, anziché all’attività che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi.
Per quanto attiene alla prova liberatoria del caso fortuito (o della forza maggiore) nel caso in cui il vettore sia stato convenuto in giudizio dal danneggiato ex art. 1681 c.c. giova precisare come la Cassazione civile negli ultimi settanta anni abbia praticamente sempre escluso la presenza di un evento qualificabile come caso fortuito nelle fattispecie sottoposte alla sua attenzione.
In particolare la S.C. ha ritenuto che non rappresenti fortuito l’ipotesi dello scoppio di uno pneumatico del veicolo del vettore[1]. Siffatto evento, se in taluni peculiari casi costituisce fortuito quale avvenimento impreveduto e imprevedibile che esula completamente dalla condotta volontaria (dolosa o colposa) dell’agente, può, tuttavia, ben comportare una colpa del conducente qualora sia in relazione a cause note, o ragionevolmente prevedibili dal conducente medesimo; fra tali cause rientrano, secondo la giurisprudenza, la qualità e lo stato del fondo stradale, lo stato di usura dei copertoni, la temperatura particolarmente elevata, o la velocità, in relazione alle caratteristiche, generali e particolari, del mezzo[2]. Di fronte all’estrema difficoltà per una persona trasportata, rimasta danneggiata in un sinistro, di fornire la prova della precisa causa dello scoppio del pneumatico, la circostanza che tale evento sia avvenuto, ad esempio, mentre il veicolo era lanciato a velocità eccessiva ha indotto la Cassazione a ritenere, in mancanza di altri fattori determinanti, l’esistenza di un rapporto di causalità fra la velocità e lo scoppio, e, quindi, la sussistenza della colpa del conducente[3].
Ancora, secondo la Cassazione un “tumultuoso sovraffollamento” di una stazione della metropolitana, pur trascendendo i limiti della normalità, è una circostanza abituale e ben nota, con la conseguenza che in caso di danni ad un passeggero in tali condizioni non si può parlare di caso fortuito, e ciò per l’assenza del fondamentale estremo dell’imprevedibilità[4].
L’unica ipotesi in cui la Cassazione civile ha ritenuto sussistere caso fortuito (o forza maggiore) lo troviamo nel diverso caso del trasporto ferroviario in relazione ad una frana, evento, si badi bene, naturale e non già umano, che aveva fatto deragliare un treno, provocando danni ai passeggeri[5]. Nel caso esaminato dalla S.C. il deragliamento era stato causato da una frana improvvisa del terreno, imprevista ed imprevedibile, non imputabile all’Amministrazione in riferimento alla natura del terreno ed al dovere di sorveglianza della rete ferroviaria, con la conseguenza che tale accadimento doveva essere configurato, secondo la Cassazione, una tipica ipotesi di caso fortuito (o di forza maggiore) non imputabile al vettore.
Come si può vedere i “requisiti del fortuito” non sono riferiti ad un comportamento del responsabile, come avviene, invece, nella disciplina dell’art. 2054 c.c., ma alle modalità di causazione del danno, e gli stessi sono rinvenibili anche nel diverso istituto del fatto del terzo (o dello stesso danneggiato) a patto però che quest’ultimo rechi i caratteri dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità.
Da oltre settanta anni la Cassazione afferma che la presunzione di responsabilità posta dall’art. 1681 c.c. può essere vinta dal vettore con la prova che l’evento dannoso sia dovuto, come causa unica esclusiva, oltre che al caso fortuito, “in alternativa” al fatto del terzo (o dello stesso danneggiato-trasportato), dimostrando “altresì” che siano state adottate tutte le misure idonee ad evitare il danno[6], in tal modo interrompendo il rapporto di causalità materiale tra il contratto di trasporto e l’evento medesimo[7]. Gli eventi che hanno i requisiti del caso fortuito non sono in alcun modo causalmente ricollegabili al trasporto[8], e, quindi, al vettore[9].
Ad avviso della S.C. la presunzione di responsabilità di cui all’art. 1681 c.c. non è operante soltanto nell’ipotesi in cui il fatto colpevole ed unilaterale di un terzo o del danneggiato si inserisca, “quale caso fortuito” (queste sono le parole usate dalla Cassazione), tra l’attività del vettore ed il danno subito dal trasportato, rompendo in tal modo il nesso di causalità tra tali elementi[10], così da risultare la vera ed unica causa efficiente dell’evento[11].
La rilevanza causale del fatto del terzo (o del danneggiato) può essere esclusa nel solo caso in cui lo stesso non abbia costituito, nel dinamismo causale, la “causa esclusiva” sufficiente da sola a determinare l’evento dannoso, e la sua incidenza non sia stata tale da escludere in modo certo il nesso causale tra l’attività e l’evento. Non bisogna, infatti, dimenticare che non si produce alcun effetto liberatorio nel caso in cui il fatto del terzo (o del danneggiato) costituisca elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione che ne abbia reso possibile l’insorgenza a causa dell’inidoneità delle misure preventive adottate.
Nel caso del “trasporto ferroviario” il trasportato, quale presupposto della responsabilità del vettore, e, quindi, della sua pretesa risarcitoria, deve fornire la “più rigorosa” prova dell’“anormalità” del trasporto, o della condotta colposa del personale dipendente del vettore. Tutto ciò in base ad una particolare disposizione contenuta nel R. D. L. 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito nella L. 4 aprile 1935, n. 911: ci riferiamo all’art. 11, IV comma, tutt’ora vigente, rubricato responsabilità per danno alle persone, il quale così testualmente recita “se il viaggiatore subisce un danno nella persona in conseguenza di anormalità verificatasi nell’esercizio ferroviario, l’amministrazione ne risponde, a meno che provi che l’anormalità è avvenuta per caso fortuito o forza maggiore”.
Come si può vedere tale disposizione prevede espressamente come unica prova liberatoria quella del caso fortuito (o della forza maggiore).