La notifica a mezzo PEC può ritenersi perfezionata solo con l’avvenuta consegna nella casella del destinatario – Difetto di esclusività del domicilio digitale –
Con la recente sentenza n. 40758 del 20/12/2021 la Coste di Cassazione ha affrontato la dibattuta questione riguardante la validità della notifica eseguita a mezzo PEC qualora la casella di posta elettronica del destinatario sia satura, affermando che in caso di notifica telematica effettuata dall’avvocato, il mancato perfezionamento della stessa per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella di posta, impone al notificante di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 e seguenti c.p.c.
Non può trovare, infatti, applicazione la disciplina di cui all’ art.16 comma 6, ultima parte del D.L. 18 ottobre 2012, n.179, prevista per il caso in cui la ricevuta di mancata consegna venga generata a seguito di notifica o comunicazione effettuata dalla Cancelleria, atteso che la notifica trasmessa a mezzo PEC dal difensore si perfeziona al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna.
La Suprema Corte, richiamando un principio già seguito da precedenti pronunce, ha chiarito che: “La notifica telematica al domicilio digitale sarà valida nell’ipotesi di avvenuta consegna, mentre, qualora vi sia una differente e specifica elezione di diverso domicilio (nell’odierna fattispecie, fisico), nell’eventualità di “casella telematica piena” (presso il domicilio digitale più sopra ricordato) per insufficiente gestione dello spazio da parte del destinatario della notifica, il notificante dovrà, per tempo, riprendere il procedimento notificatorio presso il domicilio eletto, e ciò a valere solo nel caso specificato, altrimenti non potendo sussistere alcun altro affidamento, da parte del notificatario, se non alla propria costante gestione della casella di posta elettronica, e nessun’altra appendice alla condotta esigibile dal notificante”.
L’avvocato notificante ha quindi sempre l’onere, ove la notificazione telematica non vada a buon fine, di ripetere la notifica presso il domicilio fisico eletto, in un tempo adeguatamente contenuto, in quanto: “dev’essere escluso che il regime normativo concernente l’identificazione del c.d. domicilio digitale abbia soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati”.
La Cassazione ritiene, pertanto, che in assenza di norme esplicite non può ritenersi che il difensore destinatario della notifica abbia il dovere di assicurarsi il corretto funzionamento della propria casella di posta elettronica, qualora abbia eletto un domicilio fisico oltre che quello telematico, essendo invece onere del notificante perfezionare la notifica presso l’indirizzo fisico in caso di mancato funzionamento di quello elettronico.
Diversamente argomentando, si dovrebbe ritenere che la previsione del domicilio digitale avrebbe soppresso la facoltà processuale di elezione di diverso domicilio fisico: in assenza di una specifica norma in tal senso e data la natura di norma secondaria dell’art. 20 comma 5 del D.M. 44/2011, il quale stabilisce che “il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione“, tale conclusione non è giustificabile.
Né, sempre secondo la Corte, può invocarsi l’applicazione dell’art. 138 comma 2 c.p.c., in quanto lasciare la casella di posta satura non può ritenersi equivalente al rifiuto di ricevere la copia dell’atto che si tenta di notificare a mani proprie, attesa l’alternativa del domicilio fisico utilizzabile.