Limiti temporali per la proposizione, in giudizio, di rilievi critici alla C.T.U.
Con la sentenza n. 5624 del 21 febbraio 2022 le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno statuito sulla possibilità (o meno), per le Parti in giudizio, di poter muovere, per la prima volta in sede di comparsa conclusionale, rilievi critici alla consulenza tecnica d’ufficio e sulla possibilità (o meno) di poter proporre tali rilievi in appello, ove ritenuti tardivi in primo grado.
Sulla questione non si è, infatti, espressa in modo univoco la giurisprudenza di legittimità.
Un primo (e dominante) orientamento ha escluso l’eventualità che possano essere utilmente formulate per la prima volta, nella comparsa conclusionale, osservazioni critiche alla C.T.U., sul presupposto che, in tal caso, esse rimarrebbero sottratte al contraddittorio ed al dibattito processuale (Cass., 19/02/2016, n. 3330; Cass. 25/02/2014, n. 4448; Cass., ord., 9/09/2013, n. 20636; Cass. 22/03/2013, n. 7335; Cass., ord., 13/01/2012, n. 410, non massimata; Cass. 6/09/200, n. 19128; Cass. 1/07/2002, n. 9517). Suffragherebbe tale tesi il fatto che le contestazioni, sostanziandosi in eccezioni rispetto al contenuto della C.T.U. sarebbero soggette, dunque, al termine di preclusione di cui all’art. 157, co.II, c.p.c., dovendo proporsi, a pena di decadenza, nella prima istanza o difesa successiva al deposito dell’elaborato peritale.
Un secondo (e minoritario) orientamento ha ammesso, invece, l’eventualità che in sede di conclusionale possano essere introdotte nuove ragioni di dissenso e di contestazione alla C.T.U., poiché ritenute quali sviluppi argomentativi di fatti già ritualmente acquisiti in giudizio nel rispetto del contraddittorio tra le Parti, non implicanti un ampliamento del thema decidendum.
Una terza posizione, espressa con la pronuncia n. 15418 resa dalla Suprema Corte il 26.07.2016, ha accolto, anch’essa, la possibilità che nella comparsa conclusionale vengano introdotti ex novo rilievi critici alla C.T.U. e, nel distinguere tra contestazioni relative al “procedimento” e contestazioni relative al “contenuto”, precisa che solo le prime integrerebbero eccezioni di nullità, come tali soggette alle preclusioni processuali di cui all’art. 157 comma II c.p.c.
Le contestazioni sui contenuti dell’elaborato peritale costituirebbero, invece, “argomentazioni difensive”, sebbene non di carattere tecnico-giuridico e non sarebbero, dunque, soggette ai profili decadenziali sopra richiamati.
Con Ordinanza interlocutoria n. 1990/2020 la Seconda Sezione Civile della Suprema Corte, esaminati tali orientamenti, ha evidenziato gli aspetti problematici della sentenza n. 15418/2016, sottolineando 1) la dubbia compatibilità dei suoi principi con il meccanismo previsto negli artt. 191 e 195 c.p.c. (che garantisce il compiuto esercizio del contraddittorio sulle risultanze peritali già durante il loro processo formativo) 2) la difficoltà di distinguere, in molti casi, tra vizi procedimentali della consulenza e vizi di “merito”.
Rilevata, dunque, la “particolare importanza” del tema, l’Ordinanza interlocutoria ha enucleato tre profili su cui le Sezioni Unite sono state chiamate ad esprimersi, domandandosi:
– se le critiche alla consulenza tecnica possano essere sollevate per la prima volta in comparsa conclusionale;
– in caso di risposta positiva, se l’ammissibilità dei rilievi sia subordinata ad una valutazione caso per caso da parte del Giudice, se tale ipotesi valga solo per i processi per cui non si applicano i novellati artt. 191 e 195 c.p.c. ovvero anche per questi ultimi e se tale valutazione possa condurre a statuizioni in merito alla condotta processuale della Parte;
– in caso di risposta negativa, se l’inammissibilità origini dall’applicazione dell’art. 157 comma 2 c.p.c. alla generalità dei vizi attinenti alla consulenza (tra cui anche quelli di “merito”) ovvero quale conseguenza della mancata partecipazione della Parte alla formazione di detta consulenza, stabilendo, anche in questo caso, se ciò valga solo per i procedimenti instaurati dopo la introduzione dei novellati artt. 191 e 195 c.p.c. e, infine, se l’inammissibilità in primo grado comporti l’inammissibilità della riproposizione in appello dei rilievi critici formulati nella comparsa conclusionale.
Soffermatesi sul quadro normativo di riferimento, le Sezioni Unite hanno, dapprima, osservato come le modifiche introdotte dalla legge n. 69/2009 agli artt. 191 e 195 c.p.c. abbiano inteso “procedimentalizzare” lo svolgimento della consulenza tecnica, accelerandone il relativo iter nell’ottica di una riduzione dei tempi del processo e di una piena esplicazione del principio del contraddittorio tecnico tra Parti, Consulente e Giudice (già garantito, peraltro, ante riforma, in virtù dei poteri di direzione assegnati allo stesso Giudice ex art. 175 c.p.c.).
Rammentato, poi, il ruolo del Consulente quale ausiliario del Giudice e la natura del pari ausiliaria della perizia, ritenuta un mero atto difensivo (a contenuto tecnico) così come la consulenza tecnica di parte ed i rilievi critici con essa svolti, le Sezioni Unite hanno enunciato i seguenti principi di diritto:
“Le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d’ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, sebbene di carattere non tecnico-giuridico, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano alla attendibilità e alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e siano volte a sollecitare il potere valutativo del Giudice in relazione a tale mezzo istruttorio”.
“In tema di consulenza tecnica d’ufficio, il secondo termine previsto dall’ultimo comma dell’art. 195, c.p.c., così come modificato dalla l. n. 69 del 2009, ovvero l’analogo termine che, nei procedimenti cui non si applica, ratione temporis, il novellato art. 195 c.p.c., il giudice, sulla base dei suoi generali poteri di organizzazione e direzione del processo ex art. 175 c.p.c., abbia concesso alle parti ha natura ordinatoria e funzione acceleratoria e svolge ed esaurisce la sua funzione nel subprocedimento che si conclude con il deposito della relazione da parte dell’ausiliare; pertanto la mancata prospettazione al consulente tecnico di osservazioni e rilievi critici non preclude alla parte di sollevare tali osservazioni e rilievi, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., nel successivo corso del giudizio e, quindi, anche in comparsa conclusionale o in appello”.
“Qualora le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d’ufficio, non integranti eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., siano stati proposti oltre i termini concessi all’uopo alle parti e, quindi, anche per la prima volta in comparsa conclusionale o in appello, il giudice può valutare, alla luce delle specifiche circostanze del caso, se tale comportamento sia stato o meno contrario al dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c. e, in caso di esito positivo di tale valutazione, trattandosi di un comportamento processuale idoneo a pregiudicare il diritto fondamentale della parte ad una ragionevole durata del processo ai sensi dell’art. 111 Cost. e, in applicazione dell’art. 92, primo comma, ultima parte c.p.c., può tenerne conto nella regolamentazione delle spese di lite”.